L'uva

 
Il passero Beccaluva ha sempre avuto una gran passione
per l’uva (dis.2). Si racconta che il pittore Zensi, avendo dipinto dell’uva
in un canestro, il passero la prese per dell’uva naturle, e corse
a beccarla (dis.3).
Beccaluva, dopo aver beccato per tutta la vita, si beccò il titolo
di professore di ampelografia.
Niente paura ragazzi: ampelografia vuol dire descrizione
delle viti e dell’uva. Beccaluva salì un giorno in cattedra, per tenere 
un corso di linguistica (dis.4). Davanti alla cattedra, pendeva un
bel grappolo d’uva. Il grappolo cominciò a cinguettare è il frutto della vite.
Come vedete, è un ramoscello del tralcio, chiamato raspo, sparpagliato
in ramoscelli più piccoli, in cima ai quali sono appiccicati i chicchi d’uva.
“Or tutti essi del pari, come bambini che lattano, stannosi colle bocche
ristrette ai piccoli del raspo, e ne traggon e ne succhian l’umore
onde s’empiono, e cui trapuntando ciascuno nella propria sostanza,
crescono e si van facendo coloriti e grandi”.
Questo brano forbito è del Bartoli.
Due o più grappoli, uniti insieme, formano un penzolo. Ciascuna di quelle
crocchette d’uva, delle quali si compone il grappolo, si chiama racimolo.
I granelli che, unendosi al raspo, formano il grappolo, si chiamano
chicchi o acini. Il gambo, pel quale l’acino sta attaccato al raspo, 
si chiama picciuolo. La pelle che avvolge l’acino ci scommetto che pochi
sanno come si chiama! Buccia! No; il suo vero nome è fiocino.
La sostanza molle e zuccherina si chiama polpa e i granellini sono
detti vinacciuoli. Il passero cominciò a beccare ad uno ad uno i chicchi
dell’uva e poi concluse: il grappolo rimasto con pochi acini
si chiama raspolo, quando rimane senza uva, raspo.
Mentre il passero scendeva gravemente dalla cattedra, lo beccò
un gatto, (dis.5 e 6)e questa, ahimé! fu l’ultima beccata per il povero
professor Beccaluva.